Sky ha dovuto rinunciare. Anche grazie allâinstancabile operositĂ di Andrea Fabiano (direttore di Rai 1, ndr), il piĂš importante premio del cinema italiano alla fine tornerĂ in Rai. Si tratta di una buona notizia. Purtroppo però è anche una cattiva notizia. David in the Sky, parafrasando la canzone dei Beatles, ci aveva fatto sognare âtangerine treesâ ma⌠niente. Dopo soli due anni ci ritroviamo con âfalling skiesâ. Vabbè, pazienza. Il fallimento delle strategie di Sky ha però acceso un riflettore su un problema piĂš serio: la perdita di identitĂ della nostra cinematografia. Lo abbiamo visto in occasione della recente Mostra di Venezia. Barbera, giustamente, ha parlato di una new wave del nostro cinema. Del Brocco, da parte sua, ha messo generosamente in campo tutti i mezzi a sua disposizione per scrivere una nuova pagina (nuovi autori, nuovi generi, nuovi linguaggi) della storia del nostro cinema. Alla fine però quello che è rimasto sui giornali è solo qualche commento sul cinema napoletano, da Gomorra a Gatta Cenerentola. Un poâ poco. La rinascita di un cinema italiano da riconoscere e quindi da esportare, nonostante tutto, è ancora una chimera. Privi di una chiara identitĂ culturale, inseriti nel calderone della cultura digitale dei âsempre connessiâ, i nuovi autori hanno difficoltĂ a ritrovare la strada che è stata giĂ percorsa dai grandi maestri del dopoguerra. Neorealismo, commedia e spaghetti western insieme con il grande racconto del cinema dâautore di Fellini o Antonioni, avevano disegnato una mappa identitaria chiara del cinema italiano. Adesso, con buona pace di Sorrentino, di quelle stagioni è rimasto solo un pallido ricordo. La confusione (linguistica, culturale ed etica) prevale. Lâesperimento di Sky, nonostante tutto, aveva avuto il pregio di rimescolare le carte. Gli addetti ai lavori erano stati costretti a interrogarsi su temi spinosi come marketing e comunicazione. Sky però, come sussurrano i bene informati, si è schiantata in corsa contro il muro dellâindifferenza degli spettatori. Gli imbarazzanti dati di ascolto delle dirette Tv targate Sky hanno costretto Scrosati e i suoi ad una brusca inversione di marcia. Sullo sfondo câè la crisi dellâAccademia. Il David, dopo la morte di Rondi, sta cercando una nuova identitĂ e un nuovo futuro. Il percorso di nascita della fondazione però è caratterizzato dai bisticci sul nome del nuovo presidente (o presidentessa). Un poâ poco. Lâunica domanda che infatti dovremo rivolgere a noi stessi e ai nostri colleghi è: che cinema italiano sarĂ ? Il nostro Paese sta cambiando velocemente. I documentaristi italiani, eroicamente, stanno provando a raccontarlo. Il cinema di finzione, invece, stenta a trovare lâonda di piena di quel grande racconto collettivo che possa restituire la giusta prospettiva poetica allâanalisi della nostra modernitĂ . Non per rispolverare i âCahiersâ di Comolli o Truffaut, ma veramente avremmo bisogno di rimetterci a discutere sul tipo di cinema che sogniamo e che stiamo aiutando a costruire.
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